I crimini violenti sono in diminuzione.
Una bella notizia, certo, ma è un dato che, assistendo ad un qualsiasi telegiornale o talk show dell’ultimo periodo, potrebbe davvero apparirci inaspettato, anche se veritiero e confermato tra l’altro da fonti autorevoli, quale l’ultimo rapporto sulla sicurezza del Ministero dell’Interno (reperibile sul sito del Ministero) o i dati delle Prefetture.
L’articolo di Ennio Codini (“La paura” – Lisdha news n. 60 gennaio-marzo 2009) fa un excursus significativo del crimine dall’Ottocento, quando in Italia il rischio di morire assassinati era quasi dieci volte maggiore di quello attuale, al 1981 con 1186 omicidi volontari, per passare ai 621 nel 2006.
Ma allora perché sembra che oggi in Italia non si possa più essere sicuri “come un tempo”?
Innanzitutto, i media. Credo davvero questi abbiano una grande responsabilità nella diffusione della percezione di un’emergenza criminalità e sicurezza tra le persone, con l’abitudine a dare sempre maggiore spazio agli episodi di cronaca nera che accompagnano i nostri pasti per mesi, quando non per anni…
D’altra parte, l’atteggiamento di televisioni, giornali non aiuta certo ad una necessaria revisione degli stereotipi, personale, certo, ma che passa anche attraverso la percezione collettiva. In effetti, un altro dato importante da far emergere, a mio avviso, è che la diminuzione della criminalità violenta va di pari passo con l’aumento del numero dei migranti che nei vent’anni considerati hanno deciso di scegliere l’Italia come paese in cui vivere e lavorare (anche solo temporaneamente). Insieme a Codini sottolineo questo aspetto, perché l’opinione diffusa e rafforzata dai media è che gli immigrati abbiano portato con sé un aumento di crimini violenti.
Tuttavia, sono convinta anche che la più grande responsabilità dei media sia la connivenza con una certa politica che deliberatamente vuole nascondere le vere emergenze mettendone in primo piano di false: “un’ora di dibattito televisivo in più sull’emergenza criminalità (che non c’è) è un’ora di dibattito televisivo in meno sull’emergenza ambientale (che c’è)” (Codini, 2009).
Allora, credo sia doveroso un appello ad un ascolto critico ed una lettura critica di quanto ci viene quotidianamente proposto, perché si decida finalmente di denunciare la strumentalizzazione delle notizie e si pretenda un’informazione degna di questo nome, libera e per questo davvero a servizio del cittadino!
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